Nei giorni della festa, la città di Catania cambia luce e prospettiva.
Per onorare la santa, che secondo la tradizione visse a Catania nella prima metà del III secolo e lì subì le torture e il martirio per il suo rifiuto all’abiura della fede cristiana, si susseguono spettacoli pirotecnici, celebrazioni solenni e per le strade, illuminate da chilometri di luminarie, si snodano processioni affollate e sontuosi cortei storici che rinnovano nella città barocca le suggestioni di riti antichi e mai perduti.
In tutta la città si respira un sentimento di appartenenza e un’atmosfera di festa davvero trainante per chiunque ci finisca in mezzo.
Primo giorno
3 febbraio
La prima giornata di festa è ufficialmente quella del 3 febbraio, interamente dedicata alla processione delle offerte della cera a Sant’Agata.
Si tratta di un’antica tradizione. Nei secoli passati venivano portate in processione grandi candele che servivano per illuminare l’altare della Cattedrale. Ancora oggi questo rito porta il nome di “processione delle luminarie”.
Con il tempo le candele sono state sostituite dalle “Candelore” (“cannalori” o cerei di Sant’Agata): pesanti costruzioni lignee, intagliate e dorate, realizzate dalle antiche corporazioni dei mestieri e portate a spalla da uomini forzuti, per il tradizionale appuntamento dell’offerta della cera.
Le candelore in processione seguono sempre un preciso ordine. La prima, la più piccola, è quella detta di “Sant’Aita”, donata dal Vescovo di Catania Monsignor Ventimiglia nel 1776. Segue la più antica, quella dei Rinoti (gli abitanti del quartiere di San Giuseppe La Rena). Poi ci sono la Giardiniera (degli ortofloricoltori) e quella, detta anche “a bersagliera”, dei pisciari (pescatori). E ancora la fruttaola, chiamata anche “a signurina”, e quella dei chianchieri (macellai). A questo punto si trovano le Candelore dei pastari, dei pizzicagnoli, dei putiari (o bettolieri) e dei pannitteri. Chiudono la fila il cereo del circolo Sant’Agata e quello più nuovo (inaugurato nel 2010) del Villaggio Sant’Agata.
Il percorso della processione delle Candelore muove dalla chiesa di Sant’Agata alla Fornace (conosciuta anche con il nome di Chiesa di San Biagio), luogo in cui era posizionata la fornace in cui avvenne il martirio di Agata, fino alla Cattedrale di piazza Duomo.
Il corteo delle Candelore è seguito dalle due “Carrozze del Senato” risalenti al XVIII secolo, un tempo appartenenti al Senato che governava la città e che ora trasportano il Sindaco e la Giunta.
La giornata prosegue con l’omaggio floreale dei vigili del fuoco che salgono fino a sfiorare il punto più alto della Cattedraleper deporre una composizione floreale al simulacro della celeste protettrice, invocata da secoli contro gli incendi e le eruzioni dell’Etna.
Nel pomeriggio si disputa il trofeo internazionale di podismo e la prima giornata di celebrazioni si conclude la sera dopo le 20.00 in piazza Duomo, nella cosiddetta “a sira ‘o tri” (la sera del tre, molto importante per i catanesi per l’imponenza dei fuochi d’artificio, diventato anche un modo di dire quando si vedono eventi simili), durante la quale viene eseguito un concerto di canti in onore della Santa e a conclusione si assiste ad un grandioso spettacolo pirotecnico in cui i fuochi seguono il ritmo della musica.
Secondo giorno
4 febbraio
Il giorno successivo è quello delle celebrazioni religiose in onore della Santa, s’inizia con la messa dell’Aurora, si prosegue con la processione del fercolo nelle vie della città il cui momento “clou” è la cosiddetta cchianata de’ Cappuccini, durante la quale il fercolo viene trainato di corsa fino alla piazza di San Domenico.
Successivamente dopo la celebrazione nella chiesa di Sant’Agata la Vetere, si continua il giro della città e si rientra in Cattedrale alle prime luci dell’alba.
Terzo giorno
5 febbraio
Il 5 febbraio, dopo la Messa, si continua la processione nella parte interna della città, e uno dei momenti più caratteristici è la cchianata ‘i Sangiulianu, che un tempo veniva fatta di corsa, ma negli ultimi anni per una questione di sicurezza si preferisce farla “a passo d’uomo” e la sosta in via Crociferi. Qui, le monache di clausura intonano canti a Sant’Agata da dietro le grate del monastero in un’atmosfera ricca di emozione.
Il rientro in Cattedrale è sempre carico di commozione: come quando si saluta un parente che sta per partire per un lungo viaggio, i devoti sventolano i guanti bianchi per congedare l’amata Sant’Agata che riabbraccerà la città solo tra un anno (e per un breve momento durante la celebrazione del 17 agosto).
E la Santa in risposta, poco prima di rientrare, rivolge lo sguardo alla piazza Duomo per dedicare a tutti i devoti il suo saluto benevolo.
La festa di Sant’Agata è fortemente caratterizzata da una gastronomia dedicata alle celebrazioni. Tra le specialità ci sono le tradizionali “olivette di sant’Agata”, piccoli dolci di pasta di mandorla colorati di verde e ricoperti di zucchero che ricordano un evento leggendario legato al culto di sant’Agata e le “cassateddi di Sant’Aita” o anche “minnuzzi” che ricordano la forma di una mammella, per ricordare il martirio subito dalla santa.
Semu devoti tutti!
